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198 | maschere nude |
Prestino. Tu! tu, sí! Dacché sei entrato, fai qua il buffone, tentando di mettere in berlina lui, me, tutti!
Diego. Ma anche me, sciocco!
Prestino. Sciocco tu! È facile ridere cosí! Rappresentandoci come tanti mulinelli che, soffia un po’ di vento, e girano per il verso opposto! Non posso sentirlo parlare! Che so? Mi pare che si bruci l’anima, parlando, come certe false tinte bruciano le stoffe.
Diego. Ma no, caro, io rido, perché —
Prestino. — perché ti sei scavato il cuore come una tana di talpa: l’hai detto tu stesso; e non ci hai piú nulla dentro — ecco perché!
Diego. LO credi tu!
Prestino. Lo credo perché è vero! — E anche se fosse vero quello che tu dici, che siamo cosí, mi pare che dovrebbe ispirar tristezza, compassione —
Diego (scattando a sua volta, aggressivo, posandogli le mani sulle spalle e guardandolo negli occhi, fisso, da vicino). — sí — se ti fai guardar cosí
Prestino (restando) — come?
Diego. — cosí, dentro gli occhi — cosí! — no — guardami cosí — nudo come sei, con tutte le miserie e le brutture che hai dentro — tu come me — le paure, i rimorsi, le contraddizioni! — Staccalo da te il pagliaccetto che ti fabbrichi con l’interpretazione fittizia dei tuoi atti e dei tuoi sentimenti, e t’accorgerai subito che non ha nulla da vedere con ciò che sei o puoi essere veramente, con ciò che è in te e che tu non sai, e che è un dio terribile, bada, se ti opponi a esso, ma che diventa invece subito pietoso d’ogni tua colpa se t’abbandoni e non ti vuoi scusare. — Eh, ma quest’abbandono ci sembra un «negarci», cosa indegna di un uomo; e sarà sempre cosí, finché crediamo che l’umanità consista nella cosí detta coscienza — o nel coraggio che abbiamo dimostrato una volta, invece che nella paura che ci ha consigliato tante volte d’esser prudenti. — Tu hai accettato di rappresentare Savio in questo stupido duello con Palegari. —
Subito, al Savio: