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ciascuno a suo modo 169


in una spianata verde verde, vicino alla mia casetta di campagna, quand’ero bambina... —

c. s.

Pare impossibile che sia stata anch’io bambina...

Farà, senza dirlo, il grido con cui la madre la chiamava:

— «Lilí! Lilí!» — Che paura di quegli zingari; che levassero d’improvviso le tende e mi rapissero! —

Rivenendo a sé:

Non mi hanno rapita. Ma i salti mortali ho imparato a farli anch’io, da me, venendo dalla campagna in città qua — fra tutto questo finto, fra tutto questo falso, che diventa sempre piú finto e piú falso — e non si può sgombrare; perché, ormai, a rifarla in noi, attorno a noi, la semplicità, appare falsa — appare? è, è — falsa, finta anch’essa. — Non è piú vero niente! E io voglio vedere, voglio sentire, sentire almeno una cosa, almeno una cosa sola che sia vera, vera, in me!

Doro. Ma codesta bontà che è in fondo a voi, nascosta; come io ho cercato di farla vedere agli altri —

Delia. — sí, sí; e ve ne sono tanto grata, sí — ma cosí complicata anch’essa — complicata — tanto che vi siete attirate l’ira, le risa di tutti per aver voluto chiarirla. Anche a me l’avete chiarita. Sí, malvista da tutti, come avete detto voi, trattata con diffidenza da tutti, là a Capri. — (Credo che ci fosse anche chi mi sospettava spia). — Ah, che scoperta vi feci, amico mio! Sapete che cosa significa «amare l’umanità»? Significa soltanto questo: «essere contenti di noi stessi». Quando uno è contento di se stesso «ama l’umanità». Pienissimo di questo amore — oh, felice! — dopo l’ultima esposizione dei suoi quadri a Napoli, doveva esser lui, quando venne a Capri —

Doro. — Giorgio Salvi? —

Delia. — per certi suoi studi di paese. Mi trovò in quello stato d’animo —

Doro. — ecco! proprio come ho detto io! Preso tutto dalla sua arte, senza piú altro sentimento.