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ciascuno a suo modo | 163 |
Diego. — di nascosto a te stesso! — Caro mio! Come ci sono i figli illegittimi, ci sono anche i pensieri bastardi!
Doro. I tuoi, sí!
Diego. Anche i miei! Tende ognuno ad ammogliarsi per tutta la vita con un’anima sola, la piú comoda, quella che ci porta in dote la facoltà piú adatta a conseguir lo stato a cui aspiriamo; ma poi, fuori dell’onesto tetto coniugale della nostra coscienza, abbiamo tresche, tresche e trascorsi senza fine con tutte le altre nostre anime rejette che stanno giú nei sotterranei del nostro essere, e da cui nascono atti, pensieri, che non vogliamo riconoscere, o che, forzati, adottiamo o legittimiamo, con accomodamenti e riserve e cautele. Questo, tu ora lo respingi, povero pensiero trovatello! Ma guardalo bene negli occhi: è tuo! Tu ti sei davvero innamorato di Delia Morello! Come un imbecille!
Doro. Ah! ah! ah! ah! Mi fai ridere, mi fai ridere.
A questo punto entrerà dal salone il cameriere Filippo.
Filippo. Permesso? C’è il signor Francesco Savio.
Doro. Ah, eccolo qua!
A Filippo:
Diego. Io me ne vado.
Doro. No, aspetta che ti farò vedere come mi sono innamorato di Delia Morello!
Entrerà Francesco Savio.
Doro. Vieni, vieni, Francesco.
Francesco. Caro Doro! — Buona sera, Cinci!
Diego. Buona sera.
Francesco (a Doro). Sono venuto a esprimerti il mio rammarico per il diverbio nostro di jersera.
Doro. Oh guarda! Mi proponevo anch’io di venirti a trovare questa sera per esprimerti allo stesso modo il mio rammarico.
Francesco (lo abbraccerà). Ah! Mi togli un gran peso dal petto, amico mio!
Diego. Siete da dipingere tutti e due, parola d’onore!
Francesco (a Diego). Ma sai che per un punto non abbiamo guastata per sempre la nostra vecchia amicizia?