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ciascuno a suo modo 161


tra loro in modo daformare una grata o una rete e appressandosi a Doro per mostrargliela). È cosí guarda-proprio cosí —

Doro. Che cosa?

Diego. la coscienza di cui si parlava poc’anzi. Una rete elastica, che se s’allenta un poco, addio! scappa fuori la pazzia che cova dentro ciascuno di noi.

Doro (dopo un breve silenzio, costernato e sospettoso). Lo dici per me?

Diego (quasi a se stesso). Ti vagano davanti sconnesse le immagini accumulate in tanti anni, frammenti di vita che forse hai vissuta e che t’è rimasta occultata perché non hai voluto o potuto rifletterla in te al lume della ragione; atti ambigui, menzogne vergognose, cupi livori, delitti meditati all’ombra di te stesso fino ai minimi particolari, desiderii inconfessati: tutto, tutto ti riviene fuori, ti sbòmica, e ne resti sconcertato e atterrito.

Doro (c. s.). Perché dici questo?

Diego (con gli occhi fissi nel vuoto). Dopo nove notti che non dormivo...

S’interromperà per voltarsi di scatto a Doro.

Provati, provati a non dormire per nove notti di fila! — Quella tazzina di majolica, sul comodino, con un solo righino azzurro. — E tèn-tèn, che morte, quella campana! Otto, nove... le contavo tutte: dieci, undici — la campana dell’orologio — dodici — e poi ad aspettare quella dei quarti! Non c’è piú nessun affetto che tenga, quando hai trascurato i bisogni primi che si debbono per forza soddisfare. Rivoltato contro la sorte feroce che teneva ancora lí, rantolante e insensibile, il corpo, il solo corpo ormai, quasi irriconoscibile, di mia madre — sai che pensavo? pensavo che — ah Dio, poteva finalmente finire di rantolare!

Doro. Ma è morta, scusa, da piú di due anni, tua madre, mi pare.

Diego. Sí. Sai come mi sorpresi, a una momentanea sospensione di quel rantolo, nel terribile silenzio sopravvenuto nella camera, voltando non so perché il capo verso lo specchio dell’armadio? Curvo sul letto, intento a spiare da vicino, se non fosse morta. Proprio come per farsi vedere dame, la mia faccia conservava nello specchio l’espressione