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156 | maschere nude |
rino, se pure. E in fondo non è cosí terribile come tutti si figurano, signora; stia tranquilla.
Donna Livia. Con due uomini che si sono uccisi per lei?
Diego. Io non mi sarei ucciso.
Donna Livia. Avrà fatto perdere la testa a tutti e due!
Diego. Io non l’avrei perduta.
Donna Livia. Ma io non temo per voi! Temo per Doro!
Diego. Non tema, signora. E creda che se male ha fatto agli altri quella disgraziata, il piú gran male l’ha fatto sempre a se stessa. È di quelle donne fatte a caso, sempre fuori di sé, fuggiasche, che non sapranno mai dove andranno a parare. Eppure, tante volte, sembra una povera bambina impaurita che cerchi ajuto.
Donna Livia (impressionatissima, afferrandolo per le braccia). Diego, queste cose ve l’ha dette Doro!
Diego. No, signora!
Donna Livia (incalzando). Siate sincero, Diego! Doro è innamorato di questa donna!
Diego. Ma se le dico di no!
Donna Livia (c. s.). Sí, sí; ne è innamorato! Le parole che avete detto sono quelle d’un innamorato!
Diego. Ma le ho dette io, non Doro!
Donna Livia. Non è vero! Ve le ha dette Doro! Nessuno me lo leva dalla testa!
Diego (stretto cosí da lei). Oh Dio mio...
Con estro improvviso: voce chiara, lieve, invitante:
Donna Livia (restando). A un calessino? e come c’entra?
Diego (con ira, commosso sul serio). Signora, sa come mi sono trovato io, vegliando di notte mia madre che moriva? Con un insetto sotto gli occhi, dalle ali piatte, a sei piedi, caduto in un bicchier d’acqua sul tavolino. E non m’accorsi del trapasso di mia madre, tanto ero assorto ad ammirare la fiducia che quell’insetto serbava nell’agilità dei suoi due ultimi piedi piú lunghi, atti a springare. Nuotava disperatamente, ostinato a credere che quei due piedi fossero capaci di springare anche sul liquido e che intanto qual-