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Il secondo (con solennità). «Mea mihi conscientia pluris est quam hominum sermo».

L’altra. Come come? Lei parla in latino?

IL Secondo. Cicerone, signora. Me ne ricordo ancora dal liceo.

La prima. E che significa?

Il secondo (c. s.). «Fo piú conto della testimonianza della mia coscienza, che dei discorsi di tutto il mondo».

Il primo. Modestamente ognuno di noi dice: «Ho la mia coscienza e mi basta».

Diego. Se fossimo soli.

Il secondo (stordito). Che vuol dire, se fossimo soli?

Diego. Che ci basterebbe. Ma allora non ci sarebbe piú neanche la coscienza. Purtroppo, cari miei, ci sono io e ci siete voi. Purtroppo!

La prima. Dice purtroppo?

L’altra. Non è gentile!

Diego. Ma perché dobbiamo fare i conti con gli altri, sempre, signore mie!

IL Secondo. Ma nient’affatto! Quando ho la mia coscienza!

Diego. E non vuoi capire che la tua coscienza significa appunto «gli altri dentro di te»?

Il primo. I soliti paradossi!

Diego. Ma che paradossi!

Al Secondo:

Che vuol dire, scusa, che «hai la tua coscienza e ti basta»? Che gli altri possono pensare di te e giudicarti come piace a loro, anche ingiustamente; che tu sei intanto sicuro e confortato di non aver fatto male. Non è cosí?

IL Secondo. Mi pare!

Diego. Bravo! E chi te la dà, se non sono gli altri, codesta sicurezza? Codesto conforto chi te lo dà?

IL Secondo. Io stesso! La mia coscienza appunto! Oh bella!

Diego. Perché credi che gli altri, al tuo posto, se fosse loro capitato un caso come il tuo, avrebbero agito come te! Ecco perché, caro mio! E anche perché, fuori dei casi concreti e particolari della vita... sí, ci sono certi principii astratti e generali, su cui possiamo essere tutti d’accordo (costa poco!). Intanto, guarda: se tu ti chiudi sdegnosa-