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Siamo nell’antico palazzo della nobile signora Donna Livia Palegari, nell’ora del ricevimento, che sta per finire. Si vedrà in fondo, attraverso tre arcate e due colonne, un ricchissimo salone molto illuminato e con molti invitati, signori e signore. Sul davanti, meno illuminato, vedremo un salotto, piuttosto cupo, tutto damascato, adorno di pregiatissime tele, la maggior parte di soggetto sacro; cosicché ci sembrerà di trovarci nella cappella d’una chiesa, di cui quel salone in fondo, oltre le colonne, sia la navata: cappella sacra d’una chiesa profana. Questo salotto avrà appena una panca e qualche scranna per comodità di chi voglia ammirar le tele alle pareti. Nessun uscio. Ci verranno dal salone alcuni degli invitati, a due, a tre alla volta, per farsi, appartati, qualche confidenza; e, al levarsi della tela, ci troveremo un Vecchio Amico di casa e un Giovine sottile, che discorreranno tra loro.
Il giovine sottile (con un capino straziato, d’uccello pelato). Ma che ne pensa lei?
Il vecchio (bello, autorevole, ma anche un po’ malizioso, sospirando). Che ne penso!
Pausa.
Il giovine sottile. Mah! Chi una cosa e chi un’altra.
Il vecchio. S’intende! Ciascuno ha le sue opinioni.
Il giovine sottile. Ma nessuno, per dir la verità, par che ci s’attenga sicuro, se tutti come lei, prima di manifestarle, vogliono sapere che cosa ne dicono gli altri.
Il vecchio. Io alle mie mi attengo sicurissimo; ma certo la prudenza, non volendo parlare a caso, mi consiglia di co-