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126 | maschere nude |
agli Attori). Oh, ma guardate che ci vuole una bella faccia tosta! Uno che si spaccia per personaggio, venire a domandare a me, chi sono!
Il padre (con dignità, ma senza alterigia). Un personaggio, signore, può sempre domandare a un uomo chi è. Perché un personaggio ha veramente una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è sempre «qualcuno». Mentre un uomo — non dico lei, adesso — un uomo cosí in genere, può non esser «nessuno».
Il capocomico. Già! Ma lei lo domanda a me, che sono il Direttore! il Capocomico! Ha capito?
Il padre (quasi in sordina, con melliflua umiltà). Soltanto per sapere, signore, se veramente lei com’è adesso, si vede... come vede per esempio, a distanza di tempo, quel che lei era una volta, con tutte le illusioni che allora si faceva; con tutte le cose, dentro e intorno a lei, come allora le parevano ed erano, erano realmente per lei! — Ebbene, signore: ripensando a quelle illusioni che adesso lei non si fa piú; a tutte quelle cose che ora non le «sembrano» piú come per lei «erano» un tempo; non si sente mancare, non dico queste tavole di palcoscenico, ma il terreno, il terreno sotto i piedi, argomentando che ugualmente «questo» come lei ora si sente, tutta la sua realtà d’oggi cosí com’è, è destinata a parerle illusione domani?
Il capocomico (senza aver ben capito, nell’intontimento della speciosa argomentazione). Ebbene? E che vuol concludere con questo?
Il padre. Oh, niente, signore. Farle vedere che se noi (indicherà di nuovo sé e gli altri Personaggi) oltre la illusione, non abbiamo altra realtà, è bene che anche lei diffidi della realtà sua, di questa che lei oggi respira e tocca in sé, perché come quella di jeri è destinata a scoprirlesi illusione domani.
Il capocomico (risolvendosi a prenderla in riso). Ah, benissimo! Edica per giunta che lei, con codesta commedia che viene a rappresentarmi qua, è piú vero e reale di me!
Il padre (con la massima serietà). Ma questo senza dubbio, signore!
Il capocomico. Ah sí?