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Il capocomico. Vogliamo insomma cominciarlo, questo Secondo Atto?

La figliastra. Non parlo piú! Ma badi che svolgerlo tutto nel giardino, come lei vorrebbe, non sarà possibile!

Il capocomico. Perché non sarà possibile?

La figliastra. Perché lui

indicherà di nuovo il Figlio

se ne sta sempre chiuso in camera, appartato! E poi, in casa, c’è da svolgere tutta la parte di quel povero ragazzo lí, smarrito, come le ho detto.

Il capocomico. Eh già! Ma d’altra parte, capiranno, non possiamo mica appendere i cartellini o cambiar di scena a vista, tre o quattro volte per Atto!

Il primo attore. Si faceva un tempo...

Il capocomico. Sí, quando il pubblico era forse come quella bambina lí!

La prima attrice. E l’illusione, piú facile!

Il padre (con uno scatto, alzandosi). L’illusione? Per carità, non dicano l’illusione! Non adoperino codesta parola, che per noi è particolarmente crudele!

Il capocomico (stordito). E perché, scusi?

Il padre. Ma sí, crudele! crudele! Dovrebbe capirlo!

Il capocomico. E come dovremmo dire allora? L’illusione da creare, qua, agli spettatori — Il primo attore. — con la nostra rappresentazione — Il capocomico. — l’illusione d’una realtà!

Il padre. Comprendo, signore. Forse lei, invece, non può comprendere noi. Mi scusi! Perché — veda — qua per lei e per i suoi attori si tratta soltanto — ed è giusto — del loro giuoco.

La prima attrice (interrompendo sdegnata). Ma che giuoco! Non siamo mica bambini! Qua si recita sul serio.

Il padre. Non dico di no. E intendo, infatti, il giuoco della loro arte, che deve dare appunto — come dice il signore — una perfetta illusione di realtà.

Il capocomico. Ecco, appunto!

Il padre. Ora, se lei pensa che noi come noi

indicherà sé e sommariamente gli altri cinque Personaggi