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Elena. Per me non c’è altri che Dina, ma per te c’è lei, che t’aspetta...

Leonardo (con sdegno). M’aspetta?

Elena. Sí, sperando ch’io mi stanchi di vederti qua... di soffrire la tua presenza... e che un giorno... no, ch’io te la dia, no! ma con la scusa di mandarla a spasso con te, qualche mattina te la lasci portar via... No, sai? Non la farò piú uscire con te... Non lo sperare...

Leonardo. E va bene! Vuol dire che resteremo qua in prigione, Didí, senti? io e te, sempre... ti piace, eh?

L’abbraccia e si dondola con lei, scandendo le parole e quasi cantando.

In prigione... in prigione... in prigione con papà...

Elena (risoluta, al colmo della disperazione). Senti: io ora non posso; ma se tu te ne vai, ti prometto, ti giuro, che io stessa...

Leonardo (interrompendo). No, cara, no. Niente promesse...

Elena (seguitando). Ti giuro! appena ne avrò la forza, appena mi sarò convinta che veramente faccio il suo bene... te la porterò io stessa... io con le mie mani...

Leonardo. Ma se già ne sei convinta!

Elena. No! ora no! ora non posso! Ora tu vattene... vattene per carità... Appena potrò, te lo giuro!

Leonardo. Ora o non piú, Elena! Dammela.

Prende la bambina.

È meglio per te!

Elena. Ora no! ora non posso! Giú... lasciala!

Leonardo. Non potrai piú! Non potrai mai!

Elena. È vero! è vero!

Mostrandogli la bambina:

Ma come dunque, cosí?

Leonardo. Cosí... che importa? cosí...

Elena (contendendogliela). No... cosí no... aspetta... aspetta... un cappellino... il cappellino, il cappellino almeno...Voglio che sia bella... aspetta... aspetta...

Corre alla stanza a sinistra. Leonardo resta un momento, guarda obliquo, perplesso; poi, addietrando con la bambina in braccio, sparisce per l’uscio infondo. Elena rientra col cappel-