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Dina (sgomenta). Non me la vuoi fare la campagna, papà?

Leonardo. Ma sí che te la voglio fare, come no? se stiamo qua a farla... Una campagna ti farò... bella... da starci dentro, da andarci a spasso e non pensare piú a niente, a niente. Ecco, con questi alberetti, vedi?

Dina. Oh, gli alberetti! E la casina... uh, due! due casine!...

Leonardo. Siamo ricchi, vedi! Due casine... E tutti questi alberetti... e tante memmelle... due cani... il pastore...

Dina (battendo le mani). Siamo ricchi! siamo ricchi!

Elena (ferita dall’allusione, scoppiando a piangere). Ricca... sí, ricca... sarebbe ricca... Ma io?... ma io?...

Leonardo. Che cos’è? Piangi? Io scherzo qua con la bambina...

Elena. Per avvelenarmi...

Leonardo. Io? ho detto cosí per ischerzo, per rispondere a Dina...

Elena. L’ha detto lei che sarebbe ricca... e certo... con che altri giocattoli... ricchi! ricchi! figuriamoci! la faresti giocare tu, allora...

S’appressa alla bambina.

Non piú con queste brutte memmelle qua, Didí, non con questo pastore vecchio senza gambe... Li avresti d’oro, Didí... ma non avresti piú la mamma... la mamma tua...

Leonardo. Vuoi finirla? Son discorsi codesti da fare alla bambina? Io sto scherzando... Vieni qua, Dina.

Si prende la bambina.

Vieni qua; la mamma è cattiva. Noi vogliamo fare la campagna, qua, siedi... La stenderemo qua, sul tavolino... Vuoi stare in piedi su la seggiola? Ecco, cosí... Qua sul tavolino... l’erba... le due casine... un cane lo mettiamo qui di guardia, vuoi?...

Dina. Sí... sí... che abbaja...

Elena. Vuol essere questo, lo so, d’ora in poi, il vostro disegno... Farmi sentire questo peso... stancarmi... schiacciarmi...

Leonardo (a Dina). Ecco, vedi... qua le memmelle, in fila, quattro dietro, tre avanti, poi altre due, e una avanti a tutte, che apre la marcia... no, aspetta: il cane... l’altro cane avanti a tutte... cosí? eh? il cane apre la marcia...