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Livia (con un che di felino involontario, quasi per accendere di più lo strazio di lui e illuminare il suo). È bella?

Leonardo. Sí, tanto...

Livia. Come si chiama?

Leonardo. Dina.

Livia. Parla?

Leonardo. Parla, sí...

Livia. È bionda, è vero? Me la immagino bionda...

Leonardo. Sí, sí, bionda... una testolina d’oro...

Livia (si torce all’improvviso quasi spremendosi, dentro, il cuore). Ah, nostra!

E si copre il volto con le mani.

Leonardo (con impeto). No, no... Povera Livia! È troppo, è troppo crudele... Perdonami... perdonami.

L’abbraccia, le carezza i capelli, appassionatamente.

Livia (sentendosi mancare sotto la carezza, ma dominandosi a un tratto e quasi irrigidendosi imperiosa). Qua tu non puoi piú rimanere, ora.

Seguita la concitazione d’entrambi per tutta la scena, rapidissima fino alla fine.

Leonardo (vinto, ebbro dalla passione). No? Perché?

Livia. Non voglio, non voglio.

Leonardo. Ma non mi hai perdonato?

Livia. Sí, sí, ma ora devi andare... via! via!

Leonardo. Non mi vuoi? non mi vuoi? Perché?

Livia. No, no... Leonardo, va’! Qua tu non puoi piú rimanere come prima.

Leonardo. Se tu mi hai veramente perdonato...

Livia. Proprio per questo... Va’...

Leonardo. Ma io ti giuro, Livia...

Livia (forte, staccatamente). No! Due case, no! Io qua e tua figlia là, no!

Leonardo. E allora?

Livia. Allora... chi sa! Lasciami.

Leonardo. Ma che pensi? Che vuoi dirmi?

Livia. Lasciami per ora... Vattene!

Leonardo. Ma io non posso, se tu non mi dici...