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1216 | maschere nude |
Leonardo non c’è... Non importa. Basta che ci sia suo padre, perché veramente avrei bisogno di lui.
Livia. S’accomodi, prego. Ma non so se mio padre... in questo momento...
D’Albis. Sa, mi premerebbe molto, proprio molto di vederlo.
Livia. Scusi... Lei viene forse da parte di Leonardo?
D’Albis. Io? No. Perché?
Livia. Ah, bene. Nulla. Aspetti un momento. Vado a vedere se mio padre...
D’Albis. Permette? Volevo propriamente parlargli d’una cosa che... sí, può anche interessare Leonardo, questo sí; anzi l’interessa davvicino. Ecco, per il Ruvo, insomma.
Livia. E... lei non l’ha veduto?
D’Albis. L’onorevole Ruvo? No. È stato qua?
Livia. No, no. Prego, segga. Vado a chiamarle mio padre.
Esce per l’uscio a sinistra. D’Albis resta un po’ sconcertato, fa un gesto come per dire che non capisce nulla. Sta un po’ seduto, poi si alza e si reca a guardare i libri di uno scaffale. Sbuffa, torna a sedere. Entra poco dopo Guglielmo Groa.
Guglielmo. Gentilissimo signore! Lei vuol parlare con me?
D’Albis. Se non le dispiace, signor Groa. Due paroline. Lei ha fretta? Ho una gran fretta anch’io. Ecco... una preghiera.
Guglielmo. Comandi! s’accomodi!
D’Albis. Troppo gentile, prego...
Guglielmo. Lei è un uomo di spirito. Mi faccio meraviglia! Preghiera... comandi. Cose che si dicono, caro signore. Non ne teniamo conto per carità. Perché io, scusi, la fretta ce l’ho veramente. S’accomodi.
D’Albis. Grazie.
Guglielmo. Non c’è di che, prego. Eccomi qua, tutt’orecchi.
D’Albis. Leonardo, io non l’ho veduto.
Guglielmo. E neanch’io, caro signore!
D’Albis. Glielo dicevo, sa? perché la signora... non so... mi ha domandato, se venivo da parte di lui...
Guglielmo. Ah... come, come? Lei viene per parlarmi di mio genero?
D’Albis. NO, no. Anzi... le dico che non l’ho veduto...
Guglielmo. Ah, benone! Perché, se permette, desidero di non parlarne affatto.