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la ragione degli altri 1213


capir me? Egli ha la sua casa, là, dov’è sua figlia? Ma tu hai la tua, anche tu... la mia! Vieni via con me, dunque! Vieni via con me!

Livia (sul petto del padre, gemendo). No... no...

Guglielmo (seguitando con foga). Che stai piú a farci qua, se il tuo silenzio da martire, se la tua prudenza non bastano a muovergli il cuore? Se tu stessa t’impedisci finanche di desiderare, di sperare ch’egli ritorni a te?

Livia. Sí, sí... proprio cosí... Non lo desidero, perché egli non potrebbe esser piú, ora, quello che era! E non voglio che sia. Non posso volerlo.

Guglielmo. E che vuoi allora? morire di pena, qua?

Livia. Eh, ora forse... chi sa! Senza volerlo, tu... vedi? credendo di far bene... hai, in un momento... disperso il frutto delle mie sofferenze di tanti anni.

Guglielmo. Io? Ma scusa, quale frutto?

Livia. Il suo contegno verso me... Il suo rispetto... Mentre ora...

Guglielmo. Era soddisfazione per te il supplizio di tutti i giorni? Non le capisco, io, codeste imprese, figliuola mia! Ti sei avvelenata l’esistenza. Basta ora. Basta. Bisogna decidere.

Livia. E ti pare che mi sarebbe stato difficile, in tanti anni, far quello che tu hai fatto in un momento solo? Prima, prima bisognava farlo!

Guglielmo. Ma perché non l’hai fatto? Non dirmene nulla! Nulla... neppure un cenno che mi facesse intendere!

Livia. Io dico prima che gli nascesse la figlia.

Guglielmo. Ebbene?

Livia. Quando? Se mi sono accorta del suo tradimento già troppo tardi!

Guglielmo. Quando già era nata la figlia? Ma com’eri? Cieca?

Livia. Eh, sí... l’arte! Che ne sapevo io? Egli non ci pensava piú, dacché s’era sposato. Vivevamo tranquilli, insieme, in pace

GUGLIELMо. — e sotto sotto, intanto —

Livia. — no: arrivò un giorno una lettera —

Si ferma.