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la ragione degli altri 1197


re. Sembra proprio che sia, come dicono loro, alla soglia del potere...

D’Albis. Già dentro, senza dubbio! Abbiamo lottato senza tregua... E la lotta s’è disegnata fin da principio cosí, netta, precisa... e l’abbiamo condotta con tal rigore di logica, con tale semplicità di mosse, che è proprio una soddisfazione per noi averla combattuta.

Guglielmo. Gesú, Gesú... che cose! Ma piacere, sa, piacerone... Perché io, non ne ho l’aspetto, ma, nel collegio, sono, come suol dirsi, una colonna del Ruvo.

D’Albis. Eh, lo so bene!

Guglielmo. Ma re, ministro, il Ruvo, non ci facciamo illusioni, caro signore, gira gira...

D’Albis. Il perno è uno?

Guglielmo. Uno!

D’Albis. Però...

Guglielmo. No, niente, scusi: lasciamo andare. Quando si parla di politica, io sono come un turco alla predica.

D’Albis. Quanto a questo, il vero turco, guardi, eccolo qua!

Indica Leonardo.

Scommetto che non sa neppure contro chi abbiamo combattuto. Ed è vissuto qua, in mezzo a noi, nel fervore della lotta. Se ne sta lí a scrivere il romanzo e, quando può, me ne caccia qualche cartellina fra gli articoli.

Leonardo. Ho già rimediato, sai?

D’Albis. Sí, caro. Ma io vorrei trovarmi presente per la votazione. Lei viene dalla Camera? A che punto ha lasciato la discussione?

Guglielmo. Non ci ho capito nulla!

D’Albis. Ma chi parlava almeno?

Guglielmo. Ah, sissignore... Lui, Nitto Ruvo.

D’Albis. Successone, eh? Sappiamo già che cosa risponderà il Governo. Battuto, battuto, in precedenza! Vado ad assistere al crollo finale. Con permesso.

Guglielmo. Padrone mio, caro signore.

D’Albis. Addio, Arciani.

Leonardo. Addio.

D’Albis via.

Guglielmo. Sí, sí, lo lasci arrivare, il suo grand’uomo, e poi