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la ragione degli altri | 1195 |
t’altre volte, pazienza! Bisogna pure che mi lagni... Stretto, oppresso, soffocato cosí, punto da tutte le parti, vuoi che non dica neppure ahi? Basta, no; basta, no; sai bene che non posso dirlo basta.
Elena. Ma io lo dico per te, dopo tutto. Non per me.
Leonardo. Grazie, cara. Non ci pensare. Lo direi anch’io per te; ma non lo possiamo né io né tu. Dunque, è inutile parlarne. Sei stanca? Ti compiango, sinceramente. Perché io, per mia disgrazia, ho occhi anche per gli altri... vedo la vita che fai... purtroppo...
Elena. Meno male!
Leonardo. Ah, io sí. E capisco che non si può avere compatimento per gli altri, quando abbiamo troppo da soffrire per noi stessi. Se mi lagno è perché non riesco a strappare questa rete di difficoltà che m’avviluppa da tutte le parti e mi toglie il respiro! Eppure vedi, a me, fra tutto questo inferno, non è mai venuto in mente di potermene uscire... Sono disposto, anzi, se quel vecchio imbecille ha la cattiva ispirazione di darmi in questo momento altre noje...
Si ode in questo momento la voce del Ducci gridar forte dall’interno.
Ducci. Sí, sí... Viva Ruvo! Tra poco!
Apre di furia l’uscio e, d’improvviso, s’arresta.
Prende dalla scrivania alcune carte.
Avviandosi, piano a Leonardo:
Leonardo. Grazie, lo so...
Ducci s’inchina a Elena, e via richiudendo l’uscio.
Elena. Me ne vado.
Leonardo. Sí, sarà meglio. È già qui. Non dubitare, verrò prima di sera, immancabilmente.
Elena. T’aspetto, dunque. Credi che è necessario. Non vuol piú aspettare.