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1188 | maschere nude |
D’Albis. Ah, per prevenirlo di non so che cosa, ha detto. Gli ha lasciato questa lettera... Ma appena viene Arciani, oh! io glielo dico: — Non voglio di quest’impicci qua. Fuori! fuori! qua, niente! — Quella è una donnetta, caro mio... con quel pajo d’occhi... fredda... dura...
Ducci. Basta. Io scappo. Vado a liberare Bersi.
D’Albis. Oh, ritorna, appena finito il discorso del Ruvo, presto; voglio sapere l’impressione.
Ducci. Sí, sí, a rivederci.
Via per l’uscio in fondo. Il D’Albis ritorna alla scrivania, vi posa la lettera al posto di prima.
D’Albis. Le prime bozze?
Il Tipografo. Eccole qua.
D’Albis (prendendo in mano alcune cartelle manoscritte). E queste?
Il tipografo. È il manoscritto.
D’Albis. Di chi? Che vuol dire?
Il tipografo. Dice il proto che l’ha corretto.
D’Albis. Arciani?
Il tipografo. Nossignore; il proto. Il signor Arciani non s’è fatto vedere.
D’Albis. Neanche in tipografia?
Il tipografo. Nossignore.
D’Albis (con ira, buttando all’aria le cartelle manoscritte e levandosi dalla scrivania). Perdio, pretende pure ch’io mi metta adesso a correggere le sue baggianate?
Il tipografo (raccogliendo da terra le cartelle). Aveva detto che sarebbe ritornato...
D’Albis. E come s’arrischia il proto a impaginare le bozze non corrette?
Il tipografo. Per fare a tempo...
D’Albis (ritornando alla scrivania). Da’ qua. Dov’è?
Il tipografo. Eccolo. Però, qua... guardi, in seconda pagina... aspetti. Nel manoscritto...
D’Albis. Che altro c’è?
Il tipografo. No... Tutto corretto bene. C’è solo un punto... è segnato col lapis nel manoscritto... ecco, lí, sissignore... la quinta cartella... Non lega bene.
Sopravviene, ansante, Leonardo Arciani.