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la ragione degli altri 1187


D’Albis. Vieni, eh? Tu dici eh? Qui c’è la seconda e la terza, da rivedere.

Ducci. Ma io non posso; scusa. Sono le quattro. Devo essere alla Camera: m’aspetta Bersi. M’ha detto che non può trattenersi alla tribuna dopo le quattro e un quarto.

D’Albis. Bella, perdio! Mi piace! Tu devi andare, Livi non c’è, Arciani non viene; qui non ci sta piú nessuno; e mi tocca di rivedere a me le bozze? Neanche l’uscere c’è... Che fa? Dove se ne va, quello stupido? Ma sai che per poco qui non mi faceva nascere... Hai visto chi è stata qui?

Ducci. No, non ho visto nessuno.

D’Albis (si alza dalla scrivania e viene avanti col Ducci, poi, in gran mistero, sicuro della sorpresa): La moglie d’Arciani.

Ducci. Uh! l’Orsa?

D’Albis. Zitto, che lo sa!

Ducci. Che sa?

D’Albis. Che la chiamiamo l’Orsa. Me l’ha detto lei stessa.

Ducci. Oh va’!

D’Albis. Mi sono divertito un mondo a farla stizzire. Ma non è mica una sciocca, sai? Tutt’altro. E ha un certo... un certo sapore, quella donnina...

Ducci. Sí, di legno quassio. Buono per le mosche.

D’Albis. No no, forte!

Prende la lettera di Livia dalla scrivania.

Guarda qua che scrittura. Piena... piena d’intenzione. Non ti pare?

Ducci (guarda, poi): Di mala intenzione, direi.

D’Albis. Non l’ha voluto dire. Ma certo è venuta per sorprendere il marito. E per poco non c’è riuscita, perché pare che l’altra sia venuta poco prima. Chiamo l’uscere per un po’ di carta; e quell’imbecille glielo dice...

Ducci. Come! Le ha detto?

D’Albis. Non ha fatto il nome. Ha detto, rivolgendosi a me: «Quella signora»; soggiungendo che era venuta e che doveva ritornare.

Ducci. Perdio! E lei?

D’Albis. Niente. Impassibile. Io ho cercato di rimediare. Ma lei dice che non è mai andata appresso a suo marito.

Ducci. E si vede! È venuta qua...