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ta chiusa per tutti i creditori. Ora, siccome voi, senza dubbio...

Livia (riabbassa il capo e si rimette a scrivere). V’ingannate.

D’Albis. Non deve nulla a voi, vostro marito?

Livia fa cenno di no col capo.

Miracolo! Ma vi chiedo licenza di non crederci.

L’uscere rientra.

L’uscere (porgendo al D’Albis carta e buste). Ecco.

D’Albis (porgendole a Livia). Voilà.

Poi all’uscere:

Bada: piú tardi ritornerà la signora. Verrà pure un signore...

Livia (chiudendo la lettera nella busta). Vecchio... piuttosto grasso... con fedine bianche...

D’Albis. Il signor...

Livia. Guglielmo Groa.

D’Albis. Groa. Tieni bene a mente. Lo lascerai passare. E basta, tu lo sai.

L’Uscere. È venuta pure, poco fa, quella signora...

Livia solleva appena il capo mentre scrive l’indirizzo su la busta.

D’Albis (contrariato). Ma che signora? Ma quando?

L’Uscere. Sissignore, poco fa. Ha detto che deve ritornare.

D’Albis. Ma sarà per il giornale! Ho capito. Va bene. Vattene...

L’uscere via.

Qualche pittrice che ha esposto; o qualche brava donna che vuol vendere un quadro di famiglia... Sapete che vostro marito, oltre il critico d’arte qua, fa pure... s’adopera con gli antiquarii o col Ministero...

Livia. Mi date spiegazioni, che non v’ho richieste.

D’Albis. Sí; perché voglio arrivare a una domanda un po’ indiscreta.

Livia (levandosi dalla scrivania con la lettera in mano). La lascio qua?

D’Albis. No: la sua scrivania è quella. Datela a me. Ecco: la mettiamo qua, bene in vista.