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la ragione degli altri | 1183 |
avete detto, ha l’ordine cosí rigoroso di non introdurre mai nessuno?
D’Albis. Oh, l’avvertiremo subito, il nostro Cerbero, non dubitate. Ecco.
Suona il campanello elettrico alla parete.
Livia. Dite, dite pure.
D’Albis. Crudele.
Livia. Ah sí? Io, crudele? E chi ve l’ha detto?
D’Albis. I suoi debiti! Ah, lo strillano ai quattro venti, sapete!
Livia (andando a sedere innanzi a una delle scrivanie). E che c’entro io nei suoi debiti? Vi assicuro che non c’entro affatto.
D’Albis. Lo so. Ma via, dovreste perdonare... Perché in fin dei conti...
Livia (indicando le cartelle su la scrivania). Posso scrivere qua?
D’Albis. Spero che non vi siate offesa di nuovo.
Livia. Oh, per cosí poco...
D’Albis. Ah, no: sono molti. Crivellato. Aspettate: dove scrivete?
Livia. Non fa nulla: due parole: posso scriverle anche qua.
D’Albis. Ma no! Aspettate: vi farò dare un foglietto da lettere. Perdio, ho sonato...
Risuona. Si sente picchiare all’uscio.
Entra l’uscere.
Livia. Scrivo qua: fa lo stesso. Una busta piuttosto.
D’Albis (all’uscere). Carta e buste, presto.
L’uscere via. D’Albis a Livia che scrive:
Livia (sospende di scrivere e lo guarda, senza avere inteso bene). Neanche me? Come?
D’Albis. Sí, perché la disposizione, veramente, è questa: Por-