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samente, con un tono diverso, quasi infuso d’ironia per l’effimera soddisfazione che s’è presa:

Non è vera! Quantunque a te, eh! di’ la verità, forse non ti fa piacere!

Palma. Ma sí... sí...

Lori (spiandola negli occhi, non volendo crederle). Sí?

Palma. Sí.

Lori. Che sia io tuo padre?

Palma. Ma sí.

Lori. Io, e non lui?

Palma. Ti dico sí...

Lori. Quantunque io sia un pover’uomo, che tu, fino a poco fa, hai disprezzato?

Palma. Ma sí, per questo, anzi!

Lori. Uno che tutti, sempre, disprezzeranno, perché non posso piú far credere a nessuno, io, che non sapevo, capisci? Se lo dico, faccio ridere!

Palma. Ma ci credo io! E ci ho creduto subito, appena tu me l’hai detto! E tanto piú ci credo ora se tu mi dici che non è vero quanto lui

accenna al Manfroni

aveva supposto!

Lori (commosso, rabbrividendo, quasi atterrito dal vuoto che tocca). Vedi? vedi? È spaventoso! Basta sapere una cosa, e cangia, cangia subito tutto! Io ero cosí, come te, fino a poche ore fa! Mi credevo tuo padre; e tu mi disprezzavi, perché sapevi di non esser mia figlia! Ora, invece, che tu cominci a credermi tuo padre, e ti volti a me cangiata, io non posso, non posso raccoglierti tra le braccia, perché so, so che non sei mia figlia, e che sto facendo la commedia davanti a lui, davanti a tuo marito e a te!

Palma (di nuovo, con stupore). La commedia?

Flavio (c. s.). Ah, ma dunque...

Lori (nervosamente, aspro, quasi cattivo per reagire alla sua commozione e difendersene). La commedia! E l’ho fatta bene, no? Tanto bene, che per un momento ci avete creduto!

Accenna un riso amaro.

Ah! ah! E anch’io, ecco qua, senza volerlo,