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tutto per bene 1149


Salvo. Aspettate, perdio!

A Lori:

Tu vuoi parlarle?

Lori. Vorrei dirle una cosa...

Salvo. Ma non avrà tempo, credo...

Lori. Oh, non sarà un lungo discorso...

Salvo (voltandosi agli altri due). Eh, quasi quasi, allora...

Flavio. Ma sí! Andiamo! andiamo! andiamo!

Veniero. Garantito che si divertirà!

Salvo. Quanto a questo poi!

A LoriOh, fammi il piacere di dire a Palma ch’io vado con loro.

Saluti reciproci, con molta freddezza; e Salvo, Flavio e Veniero escono per la comune. Lori resta un momento come indeciso, e poi siede sulla poltrona di cuojo, su cui ogni sera è solito sedere, dopo cena, Salvo Manfroni. Momento d’attesa. Poco dopo, dall’uscio della sala da pranzo entra il cameriere e smorza il lampadario, lasciando solo accesi i tre lumi a fusto. La luce bisogna che risulti di molto attenuata sulla scena. Il cameriere si ritira subito. Entra alla fine col cappello in capo e una mantella addosso, Palma dal secondo uscio di fondo.

Palma (dirigendosi alla poltrona e sporgendo di sulla spalliera le mani per cingerle al mento di chi sta seduto, dice piano, teneramente): Papà...

Lori (subito, con slancio, commosso di riconoscenza). Figlia mia!

Palma (nello stupore di non trovar lí Salvo Manfroni non riuscendo a frenare un grido, tra di ribrezzo e di paura, ritraendosi). Ah!... Tu? E come?

Lori (allibito nella certezza che quell’appellativo non era rivolto a lui). Io... Ma dunque, sei arrivata anche a chiamarlo cosí, da sola a solo?

Palma (esasperata e spinta dallo sdegno per il suo stesso errore a un’estrema risolutezza). Oh, finiamola! Io lo chiamo cosí, perché debbo chiamarlo cosí!

Lori. Perché t’ha fatto lui da padre?

Palma. Ma no! via! Finiamo una buona volta questa commedia! Io ne sono stufa!

Lori. Commedia? Che dici?