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tutto per bene 1147


Lori. Ma è appunto questo il sentimento, in cui la ho pregata di entrare, per spiegarsi tutto: la mia condotta, i miei modi... Io accetto, veda, accetto come un castigo, come un castigo meritato, il non dover godere di questa vita, di questa fortuna di mia figlia. Mi sono tratto indietro, quanto piú ho potuto. Ho caro, quasi, di non essere invitato a parteci parne...

Signorina Cei. Ah, è dunque per questo?

Lori. Sí. Mi parrebbe, veda, di divenir piú complice, se ne partecipassi...

Signorina Cei. Sí, capisco.

Lori. Ho la scusa, in questo castigo e nel trattamento che m’è usato l’unica scusa o meglio, l’unico mezzo che mi sia dato per pagare il gravissimo debito verso la memoria della mia compagna. Veda, è questo!

Signorina Cei. Già; ma questo può spiegare perché lei sia cosí... cosí tollerante. Ma non scusa mica loro!

Lori. Sí, è vero. E difatti a me premerebbe che sapessero salvare un po’ meglio le apparenze, per non suscitare... ecco, in lei per esempio, codesto sdegno...

Signorina Cei. Ma è indignazione, altro che sdegno! Tanto piú che sarebbe loro cosí facile...

Lori. Già, sí... E questo, questo ho detto... sí, sí, a lui, poco fa. Glie l’ho detto! E lo ripeterò ora anche a mia figlia, non dubiti.

Di nuovo, con aria e tono di preghiera:

Ma lei, signorina...

Signorina Cei (subito troncando). Zitto! Si levano di tavola!

Rientra in iscena Palma, la quale, tenendo i due battenti dell’uscio a vetri, parla rivolta verso l’interno.

Palma. Sí, subito. Tu dunque resti?

La voce di Salvo. Sí, resto! resto!

Voci di Flavio e di Veniero (insieme e confuse). No, no! Viene con noi! Viene con noi!

La voce di Salvo (dominando le altre due). Niente affatto! Ti dico che resto!

Palma. E allora sta bene!