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Poi, pianissimo:

E non con tuo marito soltanto, qua dentro.

Palma (lo guarda un po’, poi domanda): Vuoi dire con Gina?

Salvo. Mi pare che abbia un musino di volpe quella signorina!

Palma. Le si è scoperto adesso, da che ha finito di servire nell’altra casa.

Salvo. Ti sei accorta anche tu del cambiamento?

Palma. È sempre inappuntabile; bada!

Salvo. Ma è rimasta molto amica di là...

Palma. Eppure sa, Dio mio...

Salvo. Zitta. Eccola!

Entra dal secondo uscio difondo la signorina Cei, che s’accosta a Palma, per liberarla del cappello e della mantiglia.

Signorina Cei. Vuole, signora Marchesa...?

Salvo. Oh, buona sera, signorina.

Signorina Cei. Buona sera, signor Senatore.

Palma. No, grazie, Gina. Vado io di là un momento.

A Salvo:

Con permesso.

Salvo. Fai, fai. Ma credo che piú tardi ti toccherà uscir di nuovo, per tua suocera.

Palma. Dio, che seccatura! Ancora?

Salvo. Le ha ripreso la febbre.

Signorina Cei. Sí, signora! Ha mandato ad avvertirlo.

Salvo (con premura, alla signorina Cei). Ma niente di grave.

Signorina Cei. Al solito...

Salvo (a Palma). Bisogna che tu vada...

Palma. Sopra tutto, pazienza.

Palma, via per il secondo uscio di fondo. Salvo è presso la tavola ottagonale, prende una rivista illustrata, la sfoglia, in piedi.

Salvo. Cara signorina, io vorrei stare un po’ alla sua scuola.

Signorina Cei. Lei, signor Senatore? Ma che dice!

Salvo (senza guardarla, seguitando a sfogliar la rivista). Ammiro i suoi occhi.

Signorina Cei. Ah sí? Non credo poi che siano cosí belli...

Salvo. Sono belli. Ma oltre che per questo, li ammiro perché sono dotti.