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1116 | maschere nude |
Signorina Cei (alzandosi). Eccoli qua. Mi permettano. O vogliono favorire in sala?
Carletto (c. s.). No no, per carità!
La Barbetti. Aspettiamo qua... sarà meglio.
Signorina Cei. Come vogliono.
Carletto. Dica la nonna, per favore! La nonna, e basta!
La signorina Cei, via per l’uscio di sinistra.
La Barbetti. Ti raccomandi bene, imbecille! Meno male che ci sono qua io!
Carletto. Scusa: poni che ti trattino male: che devo fare io?
La Barbetti. Ma tu non farai niente!
Carletto. Lascerò insultare mia madre?
La Barbetti. Chi vuoi che m’insulti? Perché mi si deve insultare?
Entra, turbato e concitato, dall’uscio di sinistra Martino Lori. È quasi tutto bianco, benché ancora sotto i cinquant’anni. Curatissimo nelle vesti. Fisonomia viva, segnatamente negli occhi, mobile, visibilmente sospesa ai continui avvertimenti d’una mutevole, acutissima sensibilità, che subito però svanisce, quasi smemorata d’improvviso, lasciando senza difesa lo spirito, che si appalesa allora triste, remissivo e sopra tutto credulo.
Lori. No no, mi scusi, signora. Non so come lei possa aver l’ardire di presentarsi in casa mia!
La Barbetti. Parlo con mio genero?
Lori. Ma no! Che genero! La prego! Io non sono mai stato suo genero!
La Barbetti. Il commendator Lori?
Lori. Ma sí! Sono io.
La Barbetti. Se sposaste mia figlia...
Lori. Ma appunto per questo, signora! Possibile che lei non senta che è un’offesa un’offesa per me intollerabile alla memoria di sua figlia, la sua presenza in questa casa?
La Barbetti. Oh Dio mio, ho creduto che finite da tanti anni le ragioni...
Lori. Ma no, signora! Quand’io sposai sua figlia, del resto, lei aveva cessato da un pezzo d’esser la moglie di Bernardo Agliani!
La Barbetti. Già, ma non la madre di leil