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cosí è (se vi pare) 1073

udendo quella musica, si turberà profondamente; e il suo turbamento andrà man mano crescendo durante la scena.

Agazzi (davanti all’uscio in fondo). Passi, passi, prego.

Farà entrare il signor Ponza, poi entrerà lui e si dirigerà alla scrivania per prendere le carte che avrà finto di dimenticare lassú.

Ecco, devo averle lasciate qua. S’accomodi, prego.

Il signor Ponza resterà in piedi, guardando con agitazione verso il salotto, donde verrà il suono del pianoforte.

Eccole qua, difatti.

Prenderà le carte e s’appresserà al signor Ponza, sfogliandole.

È una contesa, come le dicevo, aggrovigliata, che si trascina da anni.

Si volterà anche lui a guardare verso il salotto, urtato dal suono del pianoforte.

Ma questa musica! Giusto ora!

Farà un gesto di dispetto, nel voltarsi, come per dire tra sé: «Che stupide!»

Chi suona?

Si farà a guardare, attraverso l’uscio, nel salotto; scorgerà al pianoforte la signora Frola, farà un atto di meraviglia.

Ah! Oh guarda!

Ponza (appressandoglisi, convulso). In nome di Dio, è lei? suona lei?

Agazzi. Sí, sua suocera! E come suona bene!

Ponza. Ma come? Se la sono portata qua, di nuovo? E la fanno sonare?

Agazzi. Non vedo che male possa esserci!

Ponza. Ma no, per carità! Questa musica, no! È quella che sonava la sua figliuola!

Agazzi. Ah, forse le fa male sentirla sonare?

Ponza. Ma non a me! Fa male a lei! Un male incalcolabile! Ho pur detto a lei, signor Consigliere, e alle signore le condizioni di quella povera disgraziata —