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1052 | maschere nude |
Amalia (scattando, con orrore e pietà insieme). Ah, certo, povera signora, immaginiamoci!
Signora Sirelli (al marito e alla signora Cini). Ah, vuole dunque lei sentite? star chiusa a chiave!
Ponza (per troncare). Signor Commendatore, intenderà che io non potevo lasciar fare, se non forzato, questa visita.
Agazzi. Ah, intendo, intendo, ora; sí sí, e mi spiego tutto.
Ponza. Chi ha una sventura come questa deve starsene appartato. Costretto a far venire qua mia suocera, era mio obbligo fare davanti a loro questa dichiarazione: dico, per rispetto al posto che occupo; perché a carico d’un pubblico ufficiale non si creda in paese una tale enormità: che per gelosia o per altro io impedisca a una povera madre di veder la figliuola.
Si alzerà.
S’inchinerà; poi, davanti a Laudisi e Sirelli, chinando il capo:
E andrà via per l’uscio comune.
Amalia (sbalordita). Uh... è pazza, dunque!
Signora Sirelli. Povera signora! Pazza.
Dina. Ecco perché! Si crede la madre, e quella non è la sua figliuola!
Si nasconde la faccia con le mani per orrore.
Signora Cini. Ma chi l’avrebbe mai supposto!
Agazzi. Eppure... eh! dal modo come parlava —
Laudisi. — tu avevi già capito?
Agazzi. No... ma, certo che... non sapeva lei stessa come dire!
Signora Sirelli. Sfido, poverina: non ragiona!
Sirelli. Però, scusate: è strano, per una pazza! Non ragionava, certo. Ma quel cercare di spiegarsi perché il genero non voglia farle vedere la figliuola; e scusarlo, e adattarsi alle scuse trovate da lei stessa...
Agazzi. Oh bella! Appunto questa è la prova che è pazza! In questo cercar le scuse per il genero, senza poi riuscire a trovarne una ammissibile.