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Signora Frola (smorendo, tentando ancora di volgere in riso il supplizio di quest’interrogatorio). Eh, no; non salgo, veramente. Ha ragione, signore; sarebbero troppe per me. Non salgo. La mia figliuola s’affaccia dalla parte del cortile e... e ci vediamo, ci parliamo.

Signora Sirelli. Cosí soltanto? Oh! Non la vede mai da vicino?

Dina (cingendo col braccio il collo della madre). Io, figlia, non pretenderei che mia madre salisse per me novanta, cento scalini; ma non potrei contentarmi di vederla, di parlarle da lontano, senza abbracciarla, senza sentirmela vicina.

Signora Frola (vivamente turbata, imbarazzata). Ha ragione! Eh sí, ecco, bisogna che io dica. — Non vorrei che loro pensassero della mia figliuola quello che non è; che abbia per me poco affetto, poca considerazione. E anche di me che sono la mamma... Novanta, cento scalini non possono essere impedimento a una madre, sia pur vecchia e stanca, quando poi abbia lassú il premio di potersi stringere al cuore la propria figliuola.

Signora Sirelli (trionfante). Ah, ecco! Lo dicevamo noi, signora! Ci dev’essere una ragione!

Amalia (con intenzione). C’è, vedi, Lamberto? c’è una ragione!

Sirelli (pronto). Suo genero, eh?

Signora Frola. Oh, ma per carità, non pensino male di lui! È un cosí bravo giovine! Lor signori non possono immaginare quanto sia buono! Che affetto tenero e delicato, pieno di premure, abbia per me! E non dico l’amore e le cure che ha per la mia figliuola. Ah, credano, che non avrei potuto desiderare per lei un marito migliore!

Signora Sirelli. Ma... allora?

Signora Cini. Non sarà lui, allora, la ragione!

Agazzi. Ma certo! Non mi sembra almeno possibile ch’egli proibisca alla moglie di andare a trovar la madre, o alla madre di salire in casa per stare un po’ insieme con la figliuola!

Signora Frola. Proibire, no! Io non ho detto che sia lui a proibircelo! Siamo noi, signor Consigliere, io e mia figlia: ce ne asteniamo noi, spontaneamente, creda, per un riguardo a lui.