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paniere; suona il campanello lassú; la figliuola s’affaccia, e lei le parla di giú, da quel pozzo, storcendosi il collo cosí! figúrati! E neanche la vede, abbagliata dalla luce che cola dall’alto.

Si sentirà picchiare all’uscio e si presenterà il cameriere.

Cameriere. Permesso?

Amalia. Chi è?

Cameriere. I signori Sirelli con un’altra signora.

Amalia. Ah, fa’ passare.

Il cameriere s’inchinerà e via.

SCENA SECONDA

I Coniugi Sirelli, la Signora Cini, Detti.

Amalia (alla signora Sirelli). Cara signora!

Signora Sirelli (grassoccia, rubizza, ancora giovine, parata con sovraccarica eleganza provinciale; ardente di irrequieta curiosità; aspra contro il marito). Mi sono permessa di portarle la mia buona amica, signora Cini, che aveva tanto desiderio di conoscerla.

Amalia. Piacere, signora. S’accòmodino.

Farà le presentazioni:

Questa è la mia figliuola Dina. — Mio fratello Lamberto Laudisi.

Sirelli (calvo, sui quaranta, grasso, impomatato, con pretese d’eleganza, scarpe lucide sgrigliolanti; salutando). Signora, signorina.

Stringerà la mano a Laudisi.

SIGNORA Sirelli. Ah, signora mia, noi veniamo qua come alla fonte. Siamo due povere assetate di notizie.

Amalia. E notizie di che, signore mie?

SIGNORA Sirelli. Ma di questo benedetto nuovo segretario della Prefettura. Non si parla d’altro in paese!

Signora Cini (vecchia goffa, piena di cupida malizia dissimulata con arie d’ingenuità). Una curiosità ne abbiamo tutte, una curiosità che... che mai piú!

Amalia. Ma ne sappiamo quanto gli altri, noi, creda, signora!