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come tu mi vuoi | 1021 |
poveretta, sí — che possa essere lei — Cia — veramente! Guardatela!
S’accosta di piú alla Demente e di nuovo con pietosa delicatezza lepone le dita sotto il mento.
La demente (appena toccata, ripete): Le-na...
L’ignota (a zia Lena). Lena — senti? — Chiama proprio te! Perché non vuoi crederlo?
La demente. Le- na...
L’ignota. Ecco: te — davvero! — Io non t’ho voluta vedere — io t’ho fatta andar via di qua per piú d’un mese — appena t’ho vista, non t’ho saputo dir nulla — questa viene, chiamando Lena — ha chiamato sempre Lena, Lena — e tu non le vuoi credere? Perché non t’ha risposto? E come volevi che ti rispondesse? Non vedi?
Contempla con infinita tristezza la Demente:
Parlando a lei:
Chiami, chi sa da qual momento lontano... felice... della tua vita, a cui sei rimasta sospesa... là... Non vedi piú altro... Nessuno ti può dare piú nulla... La pietà?... che ti giova? Le cure che gli altri si possono prendere di te? — Ora — eh, beata in questo tuo riso — sei salva tu — immune...
A Salter:
A Lena che, quasi pentita, attratta istintivamente dalla commozione, s’è appressata:
Zia Lena (quasi senza voce, sbigottita). No... no. —
L’ignota (dolcemente). Sí, sta’ qua, sta’ qua... Forse anche la sorella... Mentre io dico a lui
indica Salter e gli si accosta:
Fissandolo: