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Il male è che lo affermi tu...

A Màsperi

Ecco, lei che già lavora (si vede) —

Màsperi (sorpreso). Ma no... io... —

L’ignota. — come no? si vede cosí bene... — su quanto ho finito or ora di dire! Vada avanti, vada avanti, un po’ piú a fondo! Ci vuol tanto a sospettare... che so? — che qualcuna, approfittando appunto d’una rassomiglianza, che per esempio faceva comodo ad altri avere riscontrata in lei —

Bruno (masticando e sottolineando). — comodo — a me...

L’ignota (subito). Cos’è? S’è fatto questo sospetto?

Bruno. L’hai fatto tu!

L’ignota. Precisamente!

Poi, appressandosi a Màsperi:

Ebbene, dico, ci vuol tanto a sospettare che io me ne sia stata qua, prendendomi comodamente tutto il tempo

ammicca a zio Salesio:

quattro mesi! — per prepararmi a farmi quella

indica il ritratto

— prima, dicendo di non poter soffrire la vista di nessuno

a Salter, ammiccando:

— e per fortuna, sa? la scusa c’era — comodissima per lui

indica Bruno.

Bruno (subito ai parenti). Ecco, ve l’ho detto?

L’ignota. L’avrai detto — ma vedi che ora prestano ascoltoame!

A Salter:

— una contesa qua d’interessi, fra loro!

A Ines e a Màsperi:

Si può fingere bene in principio di non voler piú avere in sé nessun ricordo (e guaj a Lena e a zio Salesio, infatti, se accennavano a voler richiamarne qualcuno). — E si può