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992 | maschere nude |
Bruno. Come, peggio?
L’ignota. Ma sí — la riconoscerebbero in base a quelle prove, ammesse come indiscutibili — mentre qua ci sono io, senza prove — io — e basta; che potrebbero, volendo, escludere a prima vista.
Boffi (nella sua certezza). Mi par difficile!
L’ignota. Eh, quando si vuole... Prove, io non ne ho.
Boffi. Ma non ce n’è bisogno!
L’ignota. Non ce n’è bisogno? Facilissimo, invece, dubitarne, caro Boffi! Guardi, potrei cominciare io a dirle tutte le ragioni che avrei di dubitarne. Io, io, di me stessa; vedendo lui cosí...
Voltandosi, con violento urto di sdegno a Bruno:
Bruno. Io? Che dici?
L’ignota. Intendo, di ciò che piú ti preoccupa in questo momento.
Bruno. Ma no! ma no! ma no! mi preoccupa in questo momento lo scandalo che nascerà, inevitabilmente! S’è già dato tanto pretesto a ciarle con la vita che abbiamo fatto qui, quattro mesi appartati...
L’ignota. Te ne lamenti?
Bruno. No! Ma ora vedi...
Boffi. Quest’è vero!
L’ignota. Nella peggiore ipotesi, caro, rassicurati: tu — ecco — ti saresti ingannato.
Bruno. Ingannato — ma che dici?
L’ignota. Che fossi io! — là, come Boffi; e qua, come Lena, come zio Salesio... Vedi che sei in buona compagnia! E non perderesti nulla — perché l’inganno te l’avrei fatto io «con la mia impostura», come verrà ora a sostenere quell’altro!
Ride.
Boffi. Ma sí! Dopo tutto, meglio prenderla a ridere.
L’ignota. Forse. Ma forse a lui in questo momento riesce difficile — ridere... Perché lo sa bene, lui, che se lo volle fare, e non glielo feci io, l’inganno!
Bruno. Farnetichi? — Ma di che inganno mi parli? Sei pazza? Quale inganno? Che tu sei Cia?