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il caffè del commendatore. 259

La fedele cameriera stette a guardare con materna compiacenza il padrone che sorbiva pian piano i meritati conforti della bevanda spirituale. Gli propose di aprire le finestre; c’era un tale odore! Di che? Il Commendatore non sentiva niente. Altro che odore! Odore “de siori e de poareti, del mistrà de Çeóla e della tintura del prefeto„. Il padrone non credeva a questa tintura del consigliere Bassanelli e Rosina rise arditamente della ingenuità di lui. E non meno arditamente gli domandò cosa gli avesse raccontato “quel dalla Biblioteca„. Intanto gli avrà raccomandata sua sorella Artemide. Rosina sapeva che quest’Artemide, cameriera pur lei, avrebbe dovuto venire col fratello ma che la sua signora l’aveva fatta stare a letto perchè il medico condotto le ordinasse l’olio di ricino. L’Artemide, nella sua qualità di povera, aveva diritto alle medicine gratuite e l’olio di ricino ordinato a lei lo avrebbe invece preso il padroncino che s’era rimpinzato di paste.

“Ohi ohi ohi!„ fece il Commendatore, ridendo.

Rosina cantò poi le lodi dei Soldini. Clericali ma però brave persone, tanto di buone maniere, tanto nobili. E quel Quaiotto che voleva farli andar via! “Un vilan, madre mia!„ E il Commendatore: “zitto, zitto, zitto!„ E il signor Maironi? Aveva egli raccontato che sua moglie stava molto