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264 parte ii - capitolo vi

di poter chiamare a sè la famiglia quando le altre grandi speranze nazionali sfumassero. Contento che sua moglie avesse scelto la chiesa e quel momento solenne per incoraggiarlo al sacrificio, non lasciò più la dolce mano, la tenne egli pure come l’avrebbe tenuta un amante, non guardando mai Luisa, serbando impassibile il viso e rigida la persona. Parlava con la mano sola, con l’anima nel palmo e nelle dita, il più vario appassionato linguaggio misto di blande carezze e di strette, di tenerezze e di ardori. Qualchevolta ella si provava di ritirarsi dolcemente ed egli la tratteneva allora violento. Guardava l’altare col viso alzato, come assorto nel suono dell’organo, nella voce del sacerdote, nel canto del popolo. In fatto non seguiva le preghiere, ma sentiva la Divina Presenza, un rapimento, una effervescenza di amore, di dolore, di speranza in Dio. Luisa gli aveva presa la mano indovinando ch’egli pregava, che tutte le sue angustie, tutte le sue dubbiezze gli si agitavano nel cuore. Avea realmente voluto infondergli coraggio, convinta ch’era bene per lui di prender questo partito doloroso. Fraintese la stretta che le rispose; le parve un’appassionata protesta contro la separazione, e non la potendo, quantunque le fosse dolce, approvare, accennava ogni tanto a ritrar la mano. Fu lui che all’Elevazione ritrasse, per rispetto, la propria. Egli dovette quindi prendersi in braccio Maria che s’era addormentata e continuò a dormire con la testa sulla spalla di suo padre, mostrando un bel mezzo