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la sonata del chiaro di luna, ecc. 195


V. leggeva, e Franco teneva stretta la mano di sua moglie. Poi volle leggere egli stesso e dopo lui lesse Luisa. «Ma!» diss’ella. «La guerra all’Austria? Come?»

«Ma sicuro!» fece l’avvocato. «Vuole che Cavour mandi il duca di Genova e quindici o ventimila uomini a battersi per i turchi se non ha in pugno la guerra all’Austria? La signora crede che non passerà un anno.»

Franco scosse i pugni in aria con un fremito di tutta la persona.

«Viva Cavour» sussurrò Luisa.

«Ah!» fece l’avvocato. «Demostene non avrebbe potuto lodar il Conte con efficacia maggiore.»

Gli occhi di Franco s’empirono di lagrime. «Sono uno stupido» diss’egli. «Cosa volete che vi dica?»

Pedraglio domandò a Luisa dove diavolo avesse cacciata la bottiglia. Luisa sorrise, uscì e ritornò subito col vino e i bicchieri.

«Al conte di Cavour!» disse Pedraglio, sotto voce. Tutti alzarono il bicchiere ripetendo: «al conte di Cavour!» e bevvero; anche Luisa che non beveva mai.

Pedraglio si versò dell’altro vino e sorse in piedi.

«Alla guerra!» diss’egli.

Gli altri tre si alzarono di slancio impugnando il bicchiere silenziosamente, troppo commossi per poter parlare.