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190 parte ii - capitolo ii

il signor Giacomo contorcendosi tutto, e l’ingegnere lo esortò a mandar i due seccatori al diavolo. «Come, sior Zacomo,» riprese Pasotti, imperterrito: «non è un indiscreto quel piccolo sacerdote?» «Mi ghe digo aseno» fremette il signor Giacomo. Allora Pasotti, tutto ridente e trionfante perchè si trattava proprio d’una burla sua, fece tacere Pedraglio che scoppiava dalla curiosità di sapere la storia e rimise in corso il tarocco.

Franco e l’avvocato studiavano un pezzo nuovo per piano e fagotto, pasticciavano, si rifacevan ogni momento da capo; ed ecco entrare in punta di piedi per non guastar le loro melodie, la signora Peppina Bianconi. Nessuno s’accorse di lei tranne Luisa che se la fece sedere accanto, sul piccolo canapè vicino al piano.

A Franco la signora Peppina, con la sua bontà cordiale, chiacchierona e sciocca, urtava i nervi; a Luisa no. Luisa le voleva bene ma stava in guardia per il Carlascia. La Peppina aveva udito dal suo giardino quella canzonetta «inscì bella, neh» e poi il fagotto, i saluti; s’era immaginata che avrebbero fatto musica e lei era «inscì matta, neh» per la musica! E poi c’è quel signor avvocato «ch’el boffa denter in quel rob inscì polito!» E poi c’è il signor don Franco «parlèmen nanca, con quèi diavoi de did!» Udir suonare il piano con quella precisione era proprio come udire un organetto; e a lei gli organetti piacevano «inscì tant!» Soggiunse che temeva recar disturbo