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la sonata del chiaro di luna, ecc. 185

petto. La guardarono, la baciarono sorridendo, si incontrarono silenziosamente nel pensiero della nonna Teresa che tanto l’avrebbe amata, la baciarono ancora, col viso serio. «Povera la mia piccina!» disse Franco. «Povera donna Maria Maironi senza quattrini!»

Luisa gli pose una mano sulla bocca. «Zitto!» diss’ella. «Felici noi che siamo le Maironi senza quattrini!»

Franco intese, e sull’atto non replicò; ma poi, nell’uscir di camera per andare in barca, disse a sua moglie, dimenticando una minaccia della nonna: «non sarà sempre così.»

Quell’allusione alle ricchezze della vecchia marchesa dispiacque a Luisa. «Non parlarmene «diss’ella.» Quella roba non vorrei toccarla con un dito.»

«Dico per Maria» osservò Franco.

«Maria ci ha noi che possiamo lavorare.»

Franco tacque. Lavorare! Anche quella lì era una parola che gli mordeva il cuore. Sapeva di condurre una vita oziosa perchè la musica, la lettura, i fiori, qualche verso di tempo in tempo, cos’erano se non vanità e perditempi? E questa vita la conduceva in gran parte a carico d’altri, perchè, con le sue mille lire austriache l’anno, come avrebbe vissuto? Come avrebbe mantenuto la sua famiglia? Aveva preso la laurea ma senza cavarne profitto alcuno. Diffidava delle proprie attitudini, si sentiva troppo artista, troppo alieno