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viene dal tuo bagaglio, buffone del teatro. Vorresti ingannarmi di nuovo e rubarmi degli altri scudi. Tu fai i conti di un imbecille.

— Io fo i conti che pagherete il mio diploma: ecco tutto.

— Mai più.

— Rileggete la Clemenza di Tito di Metastasio.

Il domani, don Noè andava egli stesso a depositare alla banca l’importo del diploma di Bruto.

Occorsero quattro mesi per provare che Bruto era figlio di mastro Zungo e di Egidia Segala; che era un buon suddito, ed un perfetto cristiano; ch’era andato a messa tutte le domeniche e tutte le feste dell’anno; che s’era confessato e comunicato; che non aveva mangiato di grasso nei giorni proibiti dalla Chiesa, che non aveva ammazzato alcuno; che non aveva mai pensato male nè parlato male di Sua Maestà, il suo adorato ed augusto padrone Ferdinando II; che non aveva mai letto un libro proibito, nè fatto parte di setta liberale.... Finalmente fu ammesso agli esami.

Bruto non aveva studiato: ma, dotato com’era di una memoria meravigliosa, ciò che aveva udito dal professore Cosentini, la cui parola lo seduceva, bastò a farne uno scienziato, senza ch’egli se n’accorgesse, e più scienziato di tutti i suoi esaminatori.

Dunque, malgrado ciò, ricevette il suo diploma.

Il diploma per lo studente è come il marito per una ragazza; l’ambizione della sua vita, la speranza di tutti i suoi giorni, il desiderio di tutte le notti, avanti di averlo; un trastullo, dopo.