Pagina:Petruccelli Della Gattina - Il sorbetto della regina, Milano, Treves, 1890.djvu/51

deposto e nutrito nel suo spirito un lievito di poesia, di cui egli non aveva neppur coscienza.

Al primo tocco, ciò scoppia fuori. E ciò getta l’anima del giovine in un mondo sconosciuto che l’agita e la confonde. La poesia è luce. Al primo colpo d’ala, Bruto aveva veduto il burattinaio quasi trasformato; al riverbero di quella luce, egli si sentiva zampillare dal petto un getto di vita novella. Il contadino sciocco, insipido, balordo, lo stupido provinciale d’ieri rompeva il guscio e gettava le scaglie.

Un’ora ancora, ancora un soffio, una corrente di questa fiamma, che lo avvolge, ed egli è artista — cioè l’espressione la più ridente, la più profumata dell’aristocrazia del pensiero.

Ritornando a casa, per la prima volta Bruto s’accorse che il bugigattolo di suo zio era infetto; che le bestie, alle quali il sagrestano dava ospitalità, ne assorbivano metà dell’aria respirabile e ne raddoppiavano i miasmi.... Non so come quel malfattore si adoperasse per nascondere i suoi assassinii a don Noè e a Tartaruga.

Il fatto sta che, due giorni dopo la visita a don Gabriele, i conigli dei sagrestano cuocevano lentamente a stufato nella casseruola di Tartaruga, la gabbia ove brulicavano i sorci d’India, era stata aperta dal gatto, che li aveva divorati; e poi alla sua volta, per timore forse d’una punizione severa, il gatto era scomparso; i due cani di Tartaruga erano andati in cerca del mariuolo e non erano più tornati; i pollastri non cantavano più, stavano rannicchiati,