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basso si fregò le mani, si riassise e disse a Don Diego: Avvicinati.
Don Diego era tutto in iscompiglio. Delle idee di tutti i colori turbinavano nel suo capo. Ciò che aveva udito e veduto lo annientava. Campobasso impiombò i suoi occhi freddi, ironici, pieni di disprezzo, crudeli, su quel sembiante decomposto e disse:
— Sei tu Don Diego Spani di Lauria?
— Sì, signor commissario.
— Interdetto da Sua Eccellenza Reverendissima monsignore di Policastro?
Don Diego abbassò gli occhi senza rispondere.
— Perchè quel santo vescovo di monsignore Laudisio ti ha desso interdetto?
— Egli non m’ha fatto l’onore di dirmelo.
— Egli! Egli! tu potresti ben dire Sua Eccellenza Reverendissima, mi pare? Infine, perchè sei tu partito da Lauria, innanzi tutto?
— Perchè non avevo più nulla a fare in quel paese, ed io ho bisogno di fare qualcosa; perchè quel soggiorno non mi era più possibile, dopo la mia disgrazia.
— Insomma, che cosa vieni a fare qui?
— Cercare un posto e del pane. Io sono pronto a tutto. Procurerò di apprendere, se mi chiede cosa che io ignori.
— Quando si sloggia, vendendo tutto ciò che si ha nel paese ove si è nato, si ha uno scopo. Quale è codesto tuo? Rispondi categoricamente.
— Vorrei darmi all’insegnamento.
— Per far ciò, occorre il nostro permesso, che