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le idee, con le passioni, con l’ambizione che doveva battersi d’oggi innanzi, ma altresì con gli uomini, e disputar loro il boccone di pane della sua tavola.

Ora, in provincia non si lotta.

Su questo piccolo scacchiere, tutti i posti son presi, ciascuno occupa il suo vano e vi si tiene, vi si bastiona, vi si radica, vi si fossilizza: my house is my castle! La morte sola vi fa la breccia.

Don Diego adottò quindi immediatamente la risoluzione energica di trasferirsi a Napoli. In quel vasto teatro egli poteva intraprender tutto. Egli era risoluto a non rinculare innanzi a checchessia. Da due ore in qua, il genere umano si rizzava davanti a lui come un nemico, cui egli odiava e che lo disprezzava.

Quando Don Diego espresse questa idea, Bambina, che lo ascoltava attentamente, fece sembiante di andare in busca di qualche cosa: temeva di mostrare la sua viva commozione.

Don Diego maturò questa risoluzione per parecchi giorni; dimandò consiglio al conte di Craco, il solo individuo ch’egli stimasse, la famiglia del quale Bambina e lui visitassero unicamente. Il conte approvò il progetto di Don Diego. Fu fermo. Ma lo si tenne nascosto.

Per render servigio a questa famiglia fulminata, il conte di Craco le comperò la casa ed il giardino, — a condizione di riscatto fra dieci anni, — e si lasciò fissarne il prezzo dal notaio. Il conte non volle spigolare dietro la sventura. Il notaio stimò largamente l’immobile cinquecento ducati: