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20. La Sicilia era stata obliata dai rivoluzionarii napolitani, ma essa formava il cilizio del governo. Questo non aveva ancora trovato la peverada per assopire il Cerbero d’oltre Faro, come aveva assopito il patriottismo del Comitato di Napoli. Il nuovo ministero intoppò nel primo suo atto. Bozzelli semplice cittadino, Bozzelli presidente del Comitato rivoluzionario, quando col Comitato di Palermo e col suo presidente Ruggiero Settimo concertavasi la comune rivolta, aveva trovati sensati, legali e giusti i patti dei siciliani: Bozzelli ministro li trovò pretensioni svariate e moltiplici. A ragione o a torto che sia, i siciliani accagionavano ed accagionano all’unione co’ napolitani la causa di tutte le loro non poche miserie, che pure erano miserie comuni, e li odiavano. Essi erano come due cani che stretti dalla catena stessa, in luogo di volerne al padrone, attribuiscono al laccio che li stringe la schiavitù, e si mordono a vicenda. Sia comunque, i siciliani, dall’XI secolo, salvo poche interruzioni, avevan sempre goduto di una specie di costituzione municipale, come il diritto pubblico di allora le comprendeva. Francesco, padre del re attuale, nel discorso tenuto nel 1810 all’apertura del 126° parlamento in Palermo, in nome del re suo padre aveva parlato di difesa d’istituzioni politiche a cui si era con vincoli di amor patrio tenacemente attaccato, e che a tutto costo si dovevano conservare ai successori, non essendosi salvate che nelle due isole più famose del mondo, la Gran Bretagna e la Sicilia. Nell’atto con cui, nel 1° agosto 1812, il vicario generale domandava essere autorizzato sanzionare la costituzione novella, dicevasi: avere il re replicate volte dichiarato che qualora la Sicilia volesse