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Bozzelli, se altri titoli non vantasse a dovizia. La reazione in una parola si esercitava sopra un vasto piano di estirpazione e di distribuzione. Nel più bello però furono colpiti, come Baldassarre nel convito, dalle notizie straniere. Livorno, ristucca dai soporiferi del padre Leopoldo di Austria, aveva domandato risolutamente che si mettesse termine al giuoco della gattacieca, ed ai palliativi infecondi. Poscia si era armata, aveva imposto un ministero che meglio comprendeva le condizioni dei tempi e del paese, ed aveva accolta come suprema salvezza la proposizione del Montanelli. Il granduca aveva dovuto sobbarcarsi e decretare la Costituente italiana. La rivoluzione cominciava davvero; la Costituente era per l’organizzazione della libertà ciò che la guerra dell’indipendenza era stata per la nazionalità. La rivoluzione si rischiarava. Gioberti ferito nel cuore da un’idea che riduceva i suoi sistemi a dimensioni assai meschine, Gioberti a Torino si oppose con veemenza, ed alla vita d’Italia preferì sacrilego feticismo. Gioberti o dimenticava a disegno, o ignorava la storia della penisola, la quale non ha pagina in cui non fosse segnato il martirio di un popolo, consumato dal pontificato romano. I suoi principii non prevalsero: ed il concetto della Costituente trovò a Torino stessa dei propugnatori e degli apostoli. Italia tutta sobbalzò a questa nuova fase della sua rigenerazione. Essa l’accolse come una rivelazione della grande leva che doveva risollevarla allo splendore ed alla grandezza, dimenticando persin nell’entusiasmo che la costituente bicipite proposta dal Montanelli era impossibile. I principi che si appoggiavano all’Austria non potevano giammai concorrere a sbarazzarsene prima,