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alcuni pomi; li avvolse in un bruno fazzoletto; ma prima di uscire si accostò ancora una volta ai due angioletti dormenti e li benedisse; quindi si allontanò in punta di piedi, lasciando socchiusa la porta.

Era notte alta: nel villaggio un silenzio come di morte; tutte le case buie e le vie deserte. La donna, fatti alcuni passi, si fermò dinanzi ad una casa e battè contro una finestra del pianterreno. Una specie di fioco lamento le rispose. Stette un momento in attesa; ma non udendo più alcun rumore, battè una seconda volta, e: — Natalia! — chiamò — Natalia, affacciatevi. — Allora il lamento si rinnovò più forte e pareva accompagnato da parole d’impazienza. Finalmente le impòste stridettero, e una voce rauca e di tanto in tanto sibilante domandò:

— Chi è?

— Sono io, Natalia.

— Ah, voi, Rosina? Avete dunque risoluto? Volete proprio tentare?

— Ma sì, Natalia; altrimenti mi muoiono di fame!

— E se vi arrestano? Ricordatevi che la Giulia e la comare Teresa le hanno condotte in prigione a Gemona! E v’ingannate, — continuava emettendo la voce a guisa di fischio — v’ingannate se credete ch’io possa nutrirvi le vostre creature. Sono otto giorni che non vedo un briciolo di pane; e quando non ce n’è, non si può dare, capite!

— Mio Dio, Natalia, non vi domando pane. Andate solamente a vederli domani. Io spero di essere tornata a quest’ora.

— E domani — chiese la vecchia — come si vivrà domani?