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gli affettuosi saluti delle contadine che andavano ad attingere l’acqua. Di lì vide aperta la porta della chiesetta che sorgeva in fondo al villaggio e dinanzi a quella molti ragazzi affollati, come se aspettassero qualche novità, e intanto udì questo dialogo tra alcune di quelle donne.

— Che abbiano proprio a battezzarlo nella nostra chiesa?

— Ma sì! Stamani sono state ad avvisarne il curato.... E poi non vedete, laggiù sulla porta il sacrestano che aspetta?

— Mi par grossa che una creatura di quei di là s’abbia da battezzare nella nostra chiesa!

— O bella! Non è nato nel fienile di messer Valentino? Perchè dovrebbero portarlo fuor di paese?

— Vedrete che non lo battezzano, comare; state certa. I ribelli sono tutti dannati, e il nostro curato non vorrà impacciarsi con gente simile!

— Vengono, vengono! — esclamò tutto ad un tratto una giovinetta; e allora tutte quelle donne si dettero a guardare a quella volta con grande curiosità.

— È la levatrice sola.

— Con la creatura.

— Oh, la Menica parla con la levatrice!

— Ella saprà allora com’è questa faccenda! — E tutte si fecero curiose intorno a lei.

— Non possono trovare in tutto il paese chi voglia tenerla a battesimo — disse la Menica. — Si tratta di ribelli, capite! — A queste parole la signorina si alzò dal sedile, e fatto segno alla Menica d’accostarsele, le disse:

— Buona donna, vi prego d’avvisare subito il curato che sarò io la santola di quella povera creatura.

— E s’avviò verso casa.