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E lo stesso orrore che vide Virgilio nel suo l. 8 d’una battaglia navale il veggiam noi nel canto 16.

...... Pelago credas innare revulsas
Cycladas, aut montes occurrere montibus altos:
Tanta mole viri turritis puppibus instant.
Stupea flamma manu, telique volatile ferrum
Spargitur: arva nova neptunia cæde rubescunt.
Svelte nuotar le Cicladi diresti
Per l’onde, e i monti coi gran monti urtarsi:
L’impeto è tanto onde quei vanno e questi
Co’ legni torreggianti ad incontrarsi.
Già volar dardi e faci, e già funesti
Vedi di nuova strage i mari sparsi.

E nella stanza 4 del Canto 1 tolse a Lucrezio quella bella comparazione che si legge nel Lib. 1.

Ac veluti pueris abscinthia tetra medentes
Cum dare conantur prius oras pocula circum
Contingunt mellis dulci flavoque liquore,
Ut puerorum ætas improvida ludificetur
Labrorum tenus, interea perpotet amarum
Abscinthi laticem, deceptaque non capiatur
Sed potius tali facto recreata valescat.
Così all’egro fanciul porgiamo aspersi
Di soave liquor gli orli del vaso:
Succhi amari ingannato intanto ei beve
E dall’inganno suo vita riceve.

Ma siccome Cristiano argomento ei trattava così più volentieri si fe’ imitatore del Vida Vescovo di Cremona che lo avea preceduto poetando di mezzo secolo appena: del Vida Cremonese

D’alta facondia inessicabil vena

come esaltollo Ariosto nel suo Orlando Furioso. Ora udite per