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Quisquis es armatus qui nostra ad limina tendis
E tu che se’ costì, anima viva,
Umbrarum hic locus est somni noctisque soporae,
Partiti da cotesti che son morti
Corpora viva nefas Stygia vectare carina
Più lieve legno convien che ti porti.

E volendo narrarci il calare che fanno nella barca l’anime contro alle quali il barcajuolo mena il remo addosso perché non vadano a rilento

Batte col remo qualunque si adagia,

piglia da lui la viva similitudine del fioccar giù delle foglie riarse dal freddo primo autunnale

Quam multa in sylvis autumni frigore primo
Lapsa cadunt folia....
Come di autunno si levan le foglie
L’una appresso dell’altra infin che il ramo
Rende alla terra tutte le sue spoglie.

Da Virgilio tolse il volar lieve e rapido delle colombe

Radit iter liquidum celeres nec commovet alas
Con l’ale aperte e ferme al dolce nido
Volan per l’aer....

Da Virgilio il vano strigner dell’ombre vuote:

Ter conatus ibi collo dare brachia circum
Ter frustra comprensa manus effugit imago.
Tre volte dietro a lei le mani avvinsi,
E tante mi tornai con esse al petto.

Ma passiamo al Cantore di Laura che fu tenero tanto degli scrittori del Lazio, e che come vedeste non risparmiò a viaggi, a spese, a veglie, a fatiche per cavarli fuor dell’obblio ov’erano stati sepolti dai barbari. Qual è mai quel classico poeta latino al suono della cui lira temperato non abbia quel bel cigno mirabil-