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capitolo ventesimo 183

Bernardino e Filippo Facciotti, che io, come dissi, conobbi in esilio, a Firenze; tornarono in Roma ove furono nominati Soprastanti dei lavori stradali dell’Ufficio Tecnico Municipale e ove morirono l’uno e l’altro dopo il 1870.

Francesco Costantini, tornato a Fuligno vi fu nominato Messo Comunale e mori tragicamente l’anno successivo 1861, colpito a morte e colpendo a morte il suo feritore.

Antonio Ranucci detto Pescetto, vetturino, dopo essere stato, come i lettori hanno veduto dalle risultanze processuali, dal dicembre 1848 al marzo 1849, Soprastante poco delicato e poco onesto ai lavori di Tor di Quinto, per essersi avventurato, da quell’audace e scaltro uomo che egli era, ad attraversare le linee dell’esercito francese per recare un dispaccio importante a Civitavecchia, fu nominato Ufficiale di pubblica sicurezza e tenne il posto sino alla caduta della repubblica.

Poi — come i lettori ricorderanno — era rimasto in Roma e vi si era indugiato, spacciandosi per Giovanni Desideri, sino ai primi giorni di luglio, evidentemente in attesa di potere ottenere un passaporto per la Francia.

Nel frattempo egli si recò a Genazzano nella provincia di Roma in casa del macellaio Filippo Mogliè, la cui sposa era sorella della moglie di esso Ranucci. Colà costui prese parte a qualche partita di caccia e si trattenne alcuni giorni, poi d’un tratto sparì e si seppe dopo che, per la montagna, si avviò a Spoleto, ove pare che avesse un altro parente e,

    dieciottenne per la recentissima insurrezione calabrese, era rifugiato in Roma, al palazzo della Cancelleria e di aver visto benissimo la figura dell’uccisore, seppe dal Lorenzini che il Zeppacori era reputato appunto il feritore del Rossi, volle vedere costui e ordinò che venisse a Roma. Ma il pescivendolo, che, dopo la breccia di Porta Pia, non aveva più osato venire in patria, temendo le vendette delle molte vittime delle sue delazioni, non volle venire se non accompagnato da due Guardie di pubblica sicurezza, vestite in borghese.

       E così, di fatti, venne a Roma, ove fu dall’onorevole Lorenzini presentato a palazzo Braschi al Ministro Nicotera che, appena vide quel coso lungo, magro, butterato dal vaiuolo, esclamò subito: Ma che! non è lui!

       E, fatto dare un sussidio di un centinaio di lire al Zeppacori, lo fece nuovamente scortare a Fossato di Vico.

       Questo aneddoto mi fu narrato dal Lorenzini e mi fu confermato dal Nicotera.