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capitolo ventesimo 163

a lavarsi, a cambiarsi, a scortarlo in vettura fino a un miglio fuori di Porta Salaria, per poi tornare indietro ed andare ad avvertire il capo-popolo dell’avvenuto, verso le quattro pomeridiane, nell’ora, cioè, in cui a noi risulta Angelo Brunetti già in moto con le sue turbe innanzi alle Caserme per attrarre ad affratellamento i Carabinieri, quella insulsa tavoletta, dico, resta, dunque, assolutamente e completamente smentita prima dal senso comune e poi dagli atti processuali.

Quanto all’esser stato il Caravacci ritenuto in carcere con gli altri imputati e compreso fra i deferiti al giudizio del Supremo Tribunale, non dipese come egli scioccamente asserisce, dalla deposizione di un suo falso amico, ma dall’avere più testimoni constatato la sua presenza nell’atrio della Cancelleria nel momento del misfatto e dall’essere stata provata la sua relazione con Ruggero Colonnello, ritenuto Capo dei Carbonari e degli elementi più turbolenti nel rione Regola, nel quale la famiglia Caravacci e segnatamente Luigi, fratello di Giuseppe, aveva una certa notorietà fra i vaccinari.

Resta ora a vedere per la storia quali fossero realmente le responsabilità di Sante Costantini e di Luigi Grandoni nella uccisione del Conte Pellegrino Rossi.

Sante Costantini, che non mancava di svegliatezza di ingegno, che aveva ricevuto una sufficiente mezza educazione letteraria ed artistica, che aveva seguito l’impeto generoso di impugnare il fucile e di partire per la guerra di indipendenza, che era stato poi tratto ad entusiasmarsi per Pietro Sterbini e per Ciceruacchio e a seguirli nella loro evoluzione contro il Papato e verso le idee repubblicane, appare dal processo un giovane nè al tutto buono, nè al tutto cattivo.

Leggiero, inconsiderato, coraggioso, ma vanitoso e millantatore, non certo soverchiamente amico del lavoro, piuttosto incline alle gozzoviglie ed al piacere, non appare, pur troppo, dotato di un largo senso morale, anzi, sotto questo punto di vista, le risultanze processuali si aggravano formidabilmente sopra di lui con le dodici concordi deposizioni intorno alle frodi commesse nelle note dei lavoranti a Tor