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capitolo ventesimo 151

a quei nostri grandi pensieri e sentimenti che essi non ebbero, non conobbero e non nutrirono — io ho letto talora in questi siffatti giornali lamentele sentimentali contro il soverchio rigore di metodo apportato dalla critica degli otto o dieci scrittori, seriamente e notoriamente studiosi della vera storia del risorgimento italiano al nobile e doveroso scopo di sfrondarla delle leggende, di cui la sua stessa meravigliosa e quasi prodigiosa grandezza spesso ha tale storia circondata e ho letto declamazioni retoriche contro quel giusto metodo e ho veduto affermato il desiderio che tale storia resti allo stato di nebulosa, con le sue inesattezze, con le sue esagerazioni, con i suoi errori, dappoichè sembrò a quei siffatti giornali che noi scrittori, riducendo la storia alla sua documentata e marmorea verità, finiamo per spogliarla della sua parte poetica.

Ora io dichiaro che dei sentimentalismi e delle declamazioni di codesti ignobili pubblicisti, speculatori di patriottismo e sfruttatori di una nobilissima storia che essi ignorano e che spesso, col monopolizzarla ai turpi loro fini, guastano e contaminano, io non mi diedi mai, nè mi darò un pensiero al mondo.

Seguace del metodo, io so e sento che la storia deve essere studiata obiettivamente e obiettivamente e imparzialmente scritta per la verità, la quale è una sola e assoluta e si sottrae e si deve sottrarre a qualsiasi influenza di leggende, di preconcetti, di pregiudizi, di passioni e di partiti.

La storia non può essere più scritta oggi come la scriveva duegentotrentacinque anni fa Monsignor Benigno Bossuet per uso del Delfino: no: nè pei Delfini del trono, nè pei Delfini della ciurmaglia si scrive e si deve scrivere oggi la storia: ma unicamente per la verità, poichè si scrive e deve essere scritta a base di documenti, non a base di fantasie retoriche, a constatazione di ciò che realmente fu, non a beneficio di faziosi interessi, a istruzione dei popoli non a velicamento delle loro passioni.

Certo, siccome lo scrittore è un uomo, e per quanti sforzi faccia e riesca a fare sopra sé stesso, non riesce sempre a sottrarsi totalmente alla simpatia o alla antipatia, alla pietà